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Moka, quel chip che non vale nulla se sei il cane di un barbone

Dalla presidente dell’Associazione Nati Liberi, avv. Alessandra Pratticò:

Oggi vi racconto una storia, terribile, di cui mi sto occupando pro bono. Come in tutte le città, anche Napoli ha i suoi homeless. Come in tutte le città, gli homeless sono gli ultimi tra gli ultimi. Spesso sono additati come delinquenti, drogati, mentecatti e nessuno, nemmeno i servizi sociali, si pone seriamente il problema di come poterli aiutare senza voler per forza condizionare la loro scelta di vita.

Tra loro ci sono tanti italiani che hanno documenti in regola, un indirizzo e pure una casa a cui, volendo, potrebbero fare ritorno. Ma non ci tornano, perchè quella casa rappresenta la loro ferita nell’anima, il buco nero da cui hanno deciso di fuggire per sopravvivere, la voragine che la vita ha messo tra loro e i loro sogni. Tra loro c’è Alessandro che vive sotto le stelle, che ha una voce dolce e modi delicati e gentili, che non si droga, non beve e che non deve spiegare a nessuno perchè ha scelto di vivere in strada. La famiglia di Alessandro sono i suoi cani, per i suoi cani Alessandro è famiglia.

Uno dei cani di Alessandro, purtroppo, resta incinta e la gravidanza va avanti, perchè tutti siamo troppo distratti e troppo impegnati per ricordarci che Alessandro e i suoi cani avrebbero, comunque, bisogno di un supporto costante.

Ma Alessandro non è stupido e sa che per Moka e i cuccioli che verranno la strada non è il posto ideale. Così prende accordi con una pensione privata, trova gli amici giusti per farsi aiutare a pagare la retta e fissa la data in cui porterà Moka in questo posto. Ma….. ma la vita è bastarda e si accanisce sempre contro chi non ha mezzi per difendersi.

Il 27 Maggio, mentre è in strada con Ale, nella caotica Via Toledo, Moka ha le doglie. Ale fa che quello che può, raccoglie dei cartoni e aiuta Moka a partorire, sotto gli occhi del popolo napoletano che brulica intorno all’evento. Ma Ale è un homeless e Moka è il cane di un homeless e, quindi, in un mondo in cui ci sentiamo tutti registi, parte subito la caccia alle streghe. Qualcuno fa un video e delle foto, partono gli insulti contro Ale, partono commenti di indignazione, partono le telefonate alle forze dell’ordine, perchè è indecoroso che un barbone lasci partorire un cane sulla pubblica via. Ale cerca di spiegare alla folla inferocita, Ale suda, farfuglia, si mette a piangere, Ale vorrebbe gridare a tutti che è spaventato ed emozionato per quello che sta accadendo, Ale vorrebbe dire che lo sa bene che Moka e i cuccioli non possono stare in strada,

Ale vorrebbe spiegare che ha prenotato una pensione per far stare Moka e i cuccioli al sicuro. Ma Ale è un barbone e, dunque, non ha diritto di parola. Arriva il furgone dell’Asl e gli operatori pretendono di prelevare Moka e i cuccioli. Moka è ancora in travaglio, ha espulso sei piccoli, ma nel canale del parto ce ne sono ancora altri. Ale protesta, esibisce il certificato di anagrafe per dimostrare che il cane ha il chip ed è intestato a lui, Ale piange e chiede di essere lasciato in pace insieme ai suoi cani. Ma la folla non lo ascolta, nessuno lo ascolta, perchè lui è un barbone e non ha diritto di parola. Gli operatori dell’asl, sempre pervasi da grande senso di umanità, prelevano il cane ancora in travaglio e lo buttano nel furgone, incuranti di quanto dolore possa provare un animale che sta partorendo, di quanta paura possa provare un animale sottratto al suo proprietario con la forza, di quanta paura abbiano assorbito i cuccioli appena nati e quelli in procinto di nascere.

Moka viene portata nel luogo che tutti conosciamo come IL FRULLONE e messa in una delle tante gabbie di degenza destinate ai cani randagi insieme ai suoi cuccioli che, durante il viaggio, sono diventati otto. Ale corre subito lì e chiede che il cane gli venga restituito, chiede di poterla vedere, chiede di poterla tranquillizzare. Ma lui è un BARBONE, un reietto della società, una insignificante e fastidiosa nullità che, in una mattina di Maggio, ha scomodato i vertici della Asl Napoli 1 perchè ha permesso che il suo cane partorisse in strada. Viene allontanato in malo modo, gli viene gridato contro che non riavrà MAI IL SUO CANE, viene oltraggiato ed offeso senza uno straccio di motivo. Ale rivuole solo il suo cane, Moka ha solo bisogno di Ale. Alcuni amici di Ale si recano al Frullone, chiedono spiegazioni, chiedono di sapere per quale motivo il cane deve stare lì visto che ha un padrone ed un luogo sicuro in cui tornare. Anche gli amici vengono cacciati in malo modo, senza alcuna spiegazione. Ale è un BARBONE, non ha diritto di parola, non ha diritto al rispetto che si deve agli altri esseri umani, non è considerato parte di una comunità. E così il SUO CANE è considerato al pari di qualsiasi randagio, rinchiuso in una struttura per randagi e trattato come un cane senza padrone. Nessuno, tranne Ale, pensa a Moka, alla sofferenza che sta provando per essere stata privata del suo unico punto di riferimento in un momento così delicato come il parto, alla frustrazione di trovarsi in un luogo angusto circondata H24 da otto cuccioli richiedenti attenzioni (proprio come le fattrici tenute in una qualsiasi gabbia di un allevamento intensivo), alla paura di non capire cosa le stia accadendo. Ale non si arrende, capisce che ha bisogno di un avvocato e mi contatta. 

Di fronte a tutto questo, faccio il mio lavoro, mando una diffida e chiedo che il cane sia restituito al legittimo proprietario. Facciamo due tentativi per riavere Moka e i cuccioli indietro. Uno ieri, ma ieri era festa e non sia mai che in Italia una struttura pubblica lavori in un giorno di festa. Altro tentativo oggi, ma, guarda caso, spunta fuori che c’è un vincolo sanitario sul cane. Peccato che anche il procedimento di “apposizione” di un vincolo sanitario preveda regole procedurali tutte sistematicamente violate. Ma Ale è un BARBONE, Moka è il cane di un BARBONE, quindi chi si sente forte crede di poter aggirare e superare ogni regola, ogni norma, ogni principio. Perchè tutto gli è consentito e tutto gli è dovuto. Intanto Moka e i suoi otto cuccioli sono trattenuti in una struttura pubblica per RANDAGI dove entra di tutto, dove possono contrarre qualsiasi malattia, dove dovrebbero starci solo CANI RANDAGI, non certo il cane di un ragazzo che sta pagando lo scotto di essere considerato uno scarto della società in cui vive. Ma Ale un BARBONE e ad un BARBONE, in questa città, è negato anche il diritto al rispetto delle uniche cose di SUA PROPRIETA’, perchè in questa città ciò che è legge per un comune cittadino, per un BARBONE non lo è più e la legge si può aggirare, violare ed interpretare a seconda del rango sociale del titolare del diritto che quella stessa legge tutela. Allora mi chiedo, se fosse successo a voi, che vivete nelle vostre belle case, girate nelle vostre belle auto, comprate quello che volete con il vostro cospicuo stipendio, che il vostro cane fatalmente partorisse in strada, pensate davvero che un qualunque dirigente Asl avrebbe avuto il potere di sottrarvi il vostro cane ed i suoi cuccioli senza uno straccio di documento e senza uno straccio di spiegazione? Io credo di no e credo che tutta questa paradossale vicenda si stia svolgendo con queste modalità solo perchè Ale è un BARBONE e Moka è il povero cane innocente di un BARBONE. Perchè è più facile portare via ad un BARBONE la propria famiglia additandolo come un delinquente, piuttosto che mettersi a capire le dinamiche relazionali che si creano tra questi ragazzi ed i loro cani e, magari, anche provare ad aiutarli senza farli sentire inferiori e senza sindacare su scelte che non ci appartengono.

articoli sul caso:

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